Le splendide manifestazioni in tutta Italia hanno visto scendere in piazza i metalmeccanici e con essi lavoratrici e lavoratori di tutte le altre categorie, studenti, centri sociali, cittadini e cittadine che vogliono difendere la democrazia. E’ lo sciopero dei metalmeccanici, ma è anche una giornata di lotta che parla a tutto il mondo del lavoro.
Questo grande movimento di lotta ha un preciso punto di avvio.Quando nel giugno dell’anno scorso a Pomigliano il 40% degli operai disse no al primo dei tanti ricatti messi in piedi da Marchionne, forse non era ancora chiara la portata costituente di quel rifiuto. Eppure così è stato. Da allora le relazioni sociali, i conflitti, le istituzioni e la democrazia, si sono sempre più ridefinite sul modello proposto da Marchionne e sull’opposizione ad esso. Sin dall’inizio era chiaro che quello dell’amministratore delegato della Fiat non era semplicemente un
modello produttivo particolarmente feroce e ingiusto, ma un progetto reazionario per tutta la società italiana. Con la crisi, invece che provare a cambiare qualcosa nel modello liberista che l’ha prodotta, le classi dirigenti, i ricchi, la casta dei manager e la grande borghesia hanno scelto una linea di pura regressione sociale. Gli operai sono ricomparsi sulla scena dell’informazione per subire l’accusa di
essere i veri artefici della crisi. Con il loro contratto nazionale, il loro assenteismo, i loro scioperi e la mancanza di voglia di lavorare.
Di fronte alla forza e all’arroganza di questa offensiva si poteva temere un crollo della nostra democrazia e invece il no della Fiom di Pomigliano è diventato costituente di una sempre più grande opposizione sociale, culturale, morale. La notte in cui si sono scrutinate le schede di Mirafiori mezza Italia è rimasta sveglia, per seguire quel voto con più passione che se fossero state elezioni
politiche generali ed in fondo era così. Ora si tratta di andare avanti. Bisogna chiedere con forza e ottenere dalla Cgil lo sciopero generale. Bisogna ricostruire una politica democratica che porti a un altro modello di sviluppo e che affermi finalmente eguaglianza e giustizia sociale. Per questo chi è stato in piazza venerdì ha bisogno anche di ricostruire gli strumenti e i canali della propria rappresentanza. C’è un palazzo che ha ceduto armi e bagagli alla prepotenza delle multinazionali e del regime dei padroni, ma c’è un’opposizione sociale che cresce e produce impegno e cultura. In pochi mesi si è rimessa in moto l’Italia, adesso bisogna andare avanti.
Pasquale Massimiliano Panico
Rifondazione Comunista-Federazione della Sinistra